Nell’ultimo decennio si è molto discusso dello stile di vita della società iraniana e dei cambiamenti rapidi accaduti in questo periodo. Abbiamo deciso quindi di contattare il famoso intellettuale iraniano Hasan Abbasi, direttore del centro studi “Andishkade Yaqin”, per porgli la questione e sentire la sua opinione al riguardo. Ogni scienza tende a studiare l’evoluzione dello stile di vita di una società sotto il proprio punto di vista, per cui la sociologia affronterà il tema dell’”American way of life” (modello borghese), apparentemente dominante nel mondo, e che sta avendo la sua influenza anche in Iran, soprattutto nei grandi centri, dando delle risposte peculiari, mentre diverso sarà l’approccio religioso, e ancora diverso sarà l’approccio della filosofia ecc. Ma quale è l’approccio delle scienze strategiche? Hasan Abbasi negli ultimi anni si è distinto per la sua analisi profonda della lotta tra stile di vita borghese e modello islamico nella società, un aspetto riconducibile alla grande rivalità culturale tra l’imperialismo occidentale e la civiltà islamica rivoluzionaria, che ha nel pensiero islamo-iranano, uno dei suoi aspetti più interessanti. Hasan Abbasi in tutto ciò tende a distinguere tra vari modelli occidentali, e ci tiene a ribadire che oggi l’avversario culturale da sconfiggere, in quanto nemico del mondo islamico e dell’umanità, non è tanto il pensiero occidentale di Cristoforo Colombo o Vasco da Gama, ma quello imperante oggi, mediaticamente parlando, cioè quello di Huntington e Fukuyama. Questo è uno scontro culturale, propagandistico, non bellico. Evidentemente ha anche dei risvolti nella guerra propriamente detta, come la guerra all’Afghanistan o all’Iraq, ma è principalmente un campo di battaglia per conquistare il cuore dei popoli, non i territori. All’imperialismo di oggi interessa più il plagio delle menti che non dispendiose guerre che spesso mandano nel caos gli stessi imperialisti. I danni provocati ai popoli del mondo da un’emittente televisiva sono molto più grandi dei danni di una bomba. Basterebbe pensare alla logica dell’intrattenimento, mezzo attraverso il quale milioni di individui vengono narcotizzati e rimbambiti (si pensi al Grande Fratello o cose simili) per divenire docili prede del pensiero edonistico occidentale. Basti pensare a come il cinema cerchi di influenzare le menti dei popoli, con film che puntualmente hanno l’obiettivo di fare propaganda politica per un governo o per un gruppo politico particolare (si pensi a film come Rocky o Rambo, dove è presentato un superuomo nordamericano che riesce a sconfiggere i nemici in circostanze anormali, del tipo uno solo contro mille nemici).
Lei ha sempre visto nello stile di vita della società e nella sua evoluzione o involuzione, una lotta tra modelli differenti per il dominio strategico. Perché?
Col nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso. E’ normale che ognuno studi i fenomeni in base al proprio settore scientifico. I medici e gli psicologi affrontano il tema dei comportamenti sociali da un punto di vista tecnico, mentre i sociologi si occupano dei lati tattici, se così possiamo dire. Questi scienziati si occupano della società così come è, mentre un esperto di strategia deve occuparsi della società ideale, quella che dovrebbe esserci in base alla propria appartenenza ideologica. Loro, i medici o gli psicologi o i sociologi, a prescindere dall’approccio tecnico o tattico, sono studiosi dell’uomo e della società così come si presenta. Noi studiosi delle scienze strategiche cerchiamo invece di porre le basi per la nostra società ideale. Loro analizzano le cose oggettivamente, noi cerchiamo di “costruire” un modello sociale e di farlo applicare.
Quindi lei ritiene che uno stratega pensa di “costruire” ex novo una società, mentre il sociologo analizza quello che c’è già?
Lo stratega analizza il futuro e in questo ambito noi parliamo di Strategic Planning. Per addentrarci nel discorso possiamo dire che, da un punto di vista coranico, esistono due stili di vita, quello puro e quello impuro. Questi sono due stili di vita antitetici, due modelli ideali, nel senso di teorici. L’impostazione coranica è quindi strategica, perché ci presenta un modello sociale ideale, stavolta nel senso positivo del termine, che fino ad oggi non è esistito; Iddio nel Corano ci dice di attenerci ad un modello per creare un certo tipo di società. L’impostazione è quindi decisamente strategica.
Quindi nell’Islam lo studio del modello sociale da un’ottica strategica risale agli albori della comunità musulmana (1400 anni fa). Ma ciò in che epoca è stato preso in considerazione nel mondo occidentale?
Oggettivamente, nel mondo contemporaneo, lo stile di vita che attraverso la globalizzazione è stato maggiormente pubblicizzato, è quello americano (“american way of life”). Questo modello che noi oggi vediamo imperante nel mondo è stato teorizzato circa 40 anni fa.
Ovvero negli anni ’70?
Esattamente. In questo periodo alcuni studiosi nordamericani hanno analizzato l’evolversi della società statunitense dal 1901 in poi, coniando il termine di “neoindividualismo”, caratteristica saliente della società borghese occidentale in generale, e nordamericana in particolare. Una prima fase di questo progetto neoindividualista si concretizza ai tempi della Grande Guerra, grazie al lavoro di alcuni intellettuali vicini al presidente Wilson. Questi strateghi, rifacendosi ad alcune teorie di S. Freud, hanno come obiettivo quello di creare un’atmosfera politica e sociale favorevole alla scalata egemonica nordamericana, utilizzando il prestigio ottenuto dagli USA tramite la vittoria nella Prima Guerra Mondiale. Si narra che quest’idea si fece più forte quando Wilson, andato in Francia per i trattati successivi al conflitto, venne accolto molto positivamente dal popolo francese. Tutto ciò incentivò gli strateghi americani a fare in modo di canalizzare in modo intelligente quella simpatia, per creare le condizioni di un diffuso sentimento filoamericano in Europa. Il legame con le idee di Freud si concretizza in questo senso: egli pensava che l’uomo avesse due anime o due sensibilità contrapposte, una razionale e l’altra irrazionale, legata quest’ultima agli istinti materialistici e sessuali. Gli strateghi americani partendo da questo presupposto, e sapendo anche che la maggioranza degli uomini sono più inclini alla sensibilità irrazionale e animalesca, sempre in base alla visione pessimistica dell’indole umana di stampo freudiano, decisero di sfruttare ciò in modo da potenziare l’egemonia statunitense. Quindi, bisognava studiare un modo per cavalcare gli ideali materialistici dell’uomo, attraverso una sorta di architettura sociale basata sulla ricerca del piacere edonistico. La pubblicità e le pubbliche relazioni avevano un ruolo fondamentale in tutto ciò. Ma in Europa si stava creando nello stesso periodo, ovvero quello tra le due guerre mondiali, un altro modello basato sulla propaganda su grande scala, ovvero il sistema nazista. Il modello nordamericano e quello tedesco quindi, in quel periodo storico erano in concorrenza tra loro. I mezzi attraverso i quali gli stili di vita venivano pubblicizzati per condizionare le masse erano le radio, i giornali e successivamente le televisioni. Si dice ad esempio che un grosso imprenditore del tabacco negli USA fosse molto turbato dal fatto che i suoi clienti erano in prevalenza uomini (stiamo parlando degli anni ’30) ed egli voleva incentivare le donne al fumo, visto che allora era una sorta di tabù. Attraverso un abile propaganda mediatica, incentivata anche dagli stessi strateghi che collaboravano col governo, le donne in poco tempo iniziarono a fumare in massa, facendo crescere notevolmente questo commercio, in quanto venne fatta passare l’idea che una donna fumatrice è una donna emancipata e “uguale” all’uomo. L’idea di fondo di questo progetto era che l’essere umano è una sorta di animale che non ha una sua coscienza autonoma, ma è come una forma di argilla che deve essere modellata attraverso la propaganda dall’alto, soprattutto attraverso una pubblicità che incentivi uno stile di vita dissoluto e alla ricerca del piacere materiale. Il vero motore di questo progetto neoindividualista è senza ombra di dubbio il consumismo. Allora la democrazia non è più il governo del popolo, ma è il governo del popolo che consuma, che compra. Negli anni successivi poi a tutto ciò bisognerà aggiungere la cosiddetta rivoluzione sessuale, che completerà l’opera della formazione del modello borghese americano, da esportare all’estero, per creare le condizioni sociali del dominio americano. Per dominare i popoli bisogna prima cambiare la loro cultura sociale, il loro stile di vita.
Negli stessi anni in cui si pubblicizzava questo stile di vita l’America fu vittima della crisi del 1929, quindi vuol dire che questo modello non riuscì a svolgere la sua funzione in modo completo. Come si spiega tutto ciò?
Sì è vero. Ma i risultati di questi progetti non si ottengono nel breve periodo, ma dopo molto tempo. Poi bisogna anche considerare che la politica di Roosevelt si basò non più sull’idea che l’uomo fosse una sorta di animale inaffidabile, in base alle teorie freudiane, ma si partì dal presupposto che l’essere umano era un animale affidabile, ribaltando in parte le politiche dell’era Wilson. Detto in modo sintetico, con Wilson si cercava il plagio delle menti in basa alla volontà dei governanti; questo era il succo del regime propagandistico incentrato sulle pubbliche relazioni. Nel modello rooseveltiano invece, attraverso un metodo ancora in voga oggi, ovvero quello del sondaggio, si cercò di influenzare le masse seguendo i desideri delle masse stesse. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’inizio vero e proprio dell’egemonia mondiale nordamericana, in concomitanza del ritorno al potere in America di esponenti legati più alla logica wilsoniana che non rooseveltiana, e con l’affluire degli intellettuali tedeschi e austriaci, tra i quali molti ebrei in America, vi fu un ritorno alla propaganda ultracapitalista. Addirittura, grazie ad un ingente investimento della GM, si creò una città proiettata nel futuro, che doveva rappresentare l’America del domani, basata sul modello capitalistico e sulla democrazia borghese, che alcuni ribattezzarono “Democra-City”. Quelli erano gli anni della massima espansione dell’impero americano, del suo massimo vigore e della sua massima forma. Erano gli anni della bomba atomica e dell’inizio della Guerra Fredda, della contrapposizione tra il modello capitalista e quello sovietico. L’America si sentiva invincibile. Questa era l’età dell’oro degli USA. Gli oppositori del sistema, con le accuse più varie, come quella di comunismo, venivano perseguitati e nulla sembrava poter scalfire lo strapotere dei gruppi dirigenti americani, sia in politica che in economia. Ma progressivamente i malumori per quello che era divenuto un vero e proprio regime poliziesco incominciarono a venire fuori e le proteste studentesche del ’68 ne furono un esempio lampante. Ma la repressione fu molto dura e il movimento si sfaldò e cadde in una sorta di profonda depressione. Gli studenti demoralizzati dal fallimento del movimento, cercarono allora un’altra via per consolarsi. “Siccome non possiamo cambiare il sistema allora dobbiamo cambiarci noi”. Come dire, ora che il sistema ci ha sconfitti, è inutile cercare una riscossa, ma è bene integrarsi nel sistema per usufruire almeno dei suoi apparenti vantaggi. Tutto ciò segnò anche una grande vittoria per la CIA e i servizi di sicurezza americani. Essi compresero che attraverso la pressione sull’opinione pubblica, e anche la violenza, si riusciva a eliminare fattori di disturbo, per poi incanalarli in un percorso di deviazione, che possa rafforzare l’egemonia del regime stesso. In questo modo si neutralizzano gli avversari, facendoli divenire di fatto degli alleati. Questa logica fu utilizzata anche per neutralizzare i movimenti di Malcolm X e M. L. King e integrarli nel sistema, rendendoli invulnerabili. Negli stessi anni però iniziava a farsi strada una nuova teoria sociale, influenzata dall’esistenzialismo, basata non più sull’animalità dell’uomo, e quindi della necessità del suo controllo dall’alto, ma su un presupposto antitetico, nel quale l’uomo era un essere autosufficiente, non una marionetta delle istituzioni. Questi ideali influenzarono alcuni movimenti in America, ovvero gli hippies, i pank e altri ancora. In quel periodo gli americani iniziarono a sentire i primi segni di decadenza, dovuti in primo luogo alla guerra in Vietnam e agli esiti della guerra arabo-israeliana del 1973, con la crisi petrolifera che ne scaturì. Tutto ciò costrinse gli americani a dei nuovi progetti per mantenere il loro ruolo egemonico. Un tentativo di alleggerimento di questa situazione di stallo fu la volontà di Nixon di sganciare il dollaro dall’oro.
Quale fu allora la chiave di volta degli americani per uscire da quella situazione di stallo? Esiste un legame tra ciò e lo stile di vita americano e borghese?
Assolutamente sì. La via d’uscita fu la teorizzazione ufficiale dell’american way of life negli anni ’70, grazie alla combinazione dell’impostazione wilsoniana basata sul controllo delle masse attraverso la propaganda e gli ideali rooseveltiani legati al dominio delle masse attraverso l’opinione pubblica stessa. In questo modo il modello borghese e capitalista poteva rinascere sotto nuove vesti, per protrarre l’egemonia americana fino alla fine del XX secolo. Da questo momento in poi la presentazione del modello borghese americano al mondo non sarà solo una questione culturale e sociale, ma strategica, con l’intento ufficiale di influenzare più persone possibili nel mondo, e proporre l’apparente innocuo stile di vita nordamericano come un cavallo di Troia per la successiva colonizzazione politica di tutti i Paesi. Statisti come Reagan, Bush (sia il padre che il figlio) e Clinton sono tutti, a prescindere dalla provenienza partitica, persone legate fortemente alla sponsorizzazione globale dello stile di vita borghese. All’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, Bush junior disse: “Ora è sotto attacco lo stile di vita americano”. Questa affermazione non ha un valore sociologico, ma assolutamente strategico. Questa stessa frase è stata pronunziata da Bill Clinton nel 1993, dopo gli attacchi al parcheggio sotterraneo delle Twin Towers. Lo stile di vita americano si basa principalmente sull’esistenza dell’economia capitalistica, che trae la sua linfa vitale dal consumismo, tipico della borghesia anglosassone, bianca e protestante. Questo modello è la base dell’egemonia nordamericana, che viene esportata a secondo dei casi e dei contesti, attraverso le rivoluzioni colorate, oppure la forza bruta. Il neoindividualismo borghese è il frutto più evoluto del modello nordamericano, che prima di essere un sistema economico o politico, è un modello sociale e culturale, legato alle abitudini e allo stile di vita.
Fino adesso abbiamo accennato alla dimensione sociologica o strategica dello stile di vita. Quale è l’approccio invece della religione?
Anche la religione analizza l’argomento in modo non difforme rispetto alle scienze strategiche. Il modello borghese anglosassone ha le sue radici nel pensiero umanista, che antitetico rispetto alla visuale teocentrica della religione. Per l’umanesimo l’uomo è al centro di tutto; questo modus cogitandi è direttamente legato alla teoria dei diritti umani. D’altro canto nella religione è Dio che è al centro di tutto. Un’analisi completa della religione porta a comprendere che essa, insieme al fatto di creare un legame tra l’uomo e Dio, ha come obiettivo quello di plasmare la condotta umana. La religione quindi è in tutto e per tutto uno stile di vita. Essendo nell’ottica religiosa Dio al centro dell’esistente, è Lui che stabilisce la condotta umana e non l’uomo. Vediamo come lo stile di vita religioso sia quindi in antitesi rispetto al modello borghese anglosassone. Quest’ultimo modello è quello che nell’Islam viene chiamato “modello impuro”, ovvero un sistema che vuole rovesciare i valori tradizionali ed istaurare nel mondo la perversione edonistica.
Se il modello borghese americano dovesse prendere il sopravvento anche in Iran, cosa accadrebbe?
Io penso che al momento più della metà delle istituzioni (in senso sociologico e non giuridico) della Repubblica islamica dell’Iran siano profondamente influenzate dallo stile borghese. Basterebbe dare un’occhiata all’economia iraniana, assolutamente basata su un modello di banking, che a parte qualche eccezione, è di stampo capitalistico. Sì è vero, nell’economia iraniana lo Stato è molto presente e nel modello ideale anglosassone non dovrebbe essere così. Ma a parte questo, la logica del sistema “danarocentrico” è sempre la stessa. Dobbiamo notare però che ciò non ha avuto particolari ripercussioni sulla classe dirigente, nel senso che le guide del Paese, quelle che veramente hanno un ruolo fondamentale nelle istituzioni, e non un semplice ministro che ricopre una carica per qualche anno per poi sparire, e lo stesso vale anche per i parlamentari o altri ancora, mantengono chiare istanze rivoluzionarie. D’altronde la società iraniana ha recepito molto dello stile di vita borghese. Basterebbe vedere la cultura imperante nelle grandi città iraniane, non troppo diverso dal modello anglosassone. Anche nella politica dei partiti noi vediamo questa influenza. Per ciò che concerne lo stile di vita partitocratico della borghesia, essa si caratterizza per una sorta di duopolio basato sull’alternanza. A grandi linee anche in Iran, col delinearsi di una coalizione di sinistra (riformatori) e una conservatrice (tradizionalisti), abbiamo qualcosa di molto simile. D’altronde anche l’università è fortemente influenzata dallo stile di vita borghese. Più della metà dei corsi di scienze umanistiche e sociali si basano sugli insegnamenti di studiosi di cultura anglosassone; nell’economia, nella filosofia, nella psicologia, nel management e in altre materie, l’influenza borghese è fortissima. La cultura tradizionale è in ritirata, e avanza il modello nordamericano. Mi preoccupa molto questa sostituzione di una sapienza etica e religiosa con una sorta di psicologia borghese, per usare una terminologia cara a Shariati. Possiamo dire che in Iran è successo un fenomeno strano negli ultimi decenni, all’avanzata dello stile di vita borghese non è corrisposto un imborghesimento dell’ideologia rivoluzionaria dello Stato; oggi ci troviamo dinnanzi a uno strano modello sociale, una sintesi tra cultura borghese e Islam rivoluzionario. Questo fenomeno, cioè il fatto che la cultura islamo-rivoluzionaria sia riuscita ad assorbire la cultura borghese, senza ripercussioni catastrofiche, mi rende in ogni caso ottimista.
Questa secondo lei la situazione in Iran. Ma quale è la prospettiva borghese nel mondo e soprattutto in America?
Innanzi tutto bisogna dire che lo stile di vita borghese si caratterizza fortemente per essere la base sociale del capitalismo finanziario. L’attuale crisi finanziaria che sta attanagliando i Paesi industrializzati, dimostra che questo modello è ormai al capolinea. Ogni giorno che passa le sommosse sociali aumentano sia in Europa che negli USA. La borghesia senza il capitalismo è come un pesce senza l’acqua. Il fallimento del modello capitalistico è il fallimento della cultura borghese. Il modello nordamericano, immerso nel debito pubblico più importante del mondo, è ormai alla frutta e non potrà protrarsi ancora per troppo tempo. Inoltre il modello borghese è vittima di una grande involuzione etica, rappresentata dal proliferare di siti a carattere pornografico. Il canale Russia Today ha riferito dell’esistenza di circa 25 milioni di siti di questo tipo negli USA, cioè per circa tredici americani esiste un sito porno. Questo conferma che lo stile di vita americano è quello più corrotto e più immorale; non a caso l’imam Khomeini definì l’America come la “madre della corruzione”. Il sostegno dei fautori dello stile di vita borghese anglosassone a dittatori e despoti in tutto il mondo islamico, dall’Arabia Saudita al Bahrain, dalla Giordania al Marocco, ha reso agli occhi di tutti ed in particolare dei musulmani, gli USA come un Paese avversario. La decadenza morale della borghesia e la crisi dell’istituto fondamentale della società, ovvero la famiglia, è un altro degli aspetti di ripiegamento della cultura nordamericana.
Il popolo iraniano riuscirà secondo lei a sconfiggere l’aggressione borghese e a farla definitivamente soccombere?
Se noi analizziamo la storia iraniana ci rendiamo conto che gli abitanti di questa terra si sono sempre caratterizzati per un’alta capacità di influenzare l’aggressore e di farlo ripiegare. Ad esempio ai tempi dell’invasione mongolica dell’Altopiano iranico, i mongoli apparentemente conquistarono il territorio, ma i loro cuori furono conquistati dalla cultura e dalla religione degli iranici. La dinastia Mugul in India non fu altro che il frutto dell’”iranizzazione” dei mongoli, che poi esportarono quel modello culturale in tutto il Subcontinente indiano. Quale arabo avrebbe mai pensato che dopo l’invasione dell’Altopiano iranico, e l’islamizzazione dei popoli iranici, la prima Repubblica islamica ortodossa sarebbe nata proprio in quella regione, quattordici secoli dopo? Oggi la nazione iraniana è il principale baluardo nel mondo islamico contro l’imperialismo nordamericano, e a Dio piacendo, anche questo avversario dell’Iran verrà ridimensionato. Oggi l’Iran può vantare il principale esercito etico, ideologico ed indottrinato del mondo, le “Forze Resistenti della Mobilitazione degli Oppressi” (in persiano “Niruie Moqavemate Basije Mostazafin”, gli appartenenti a questo esercito popolare generalmente sono chiamati “Basiji”, cioè “Volontari”). Anche se in Iran la cultura borghese si è espansa, finché vi sarà una parte consistente di popolazione che aderirà ai valori islamici autentici e rivoluzionari, la malattia borghese sarà una cosa passeggera, e come tutte le mode sparirà, prima o poi. Ripeto, da questo punto di vista sono ottimista.